martedì 7 aprile 2020

That's not rocket science!

"Non starai mica mettendo in dubbio le doti del CTO di Space-X?!" Mi è capitato di sentirmi rispondere così, di fronte alle mie perplessità sul business plan di Elon Musk per Tesla.
A molti, infatti, pare azzardato che ad un superuomo in grado di fondare, possedere e amministrare un'azienda privata che spedisce razzi nello spazio, addirittura assumendo l'incarico di Direttore Tecnico in prima persona, si possa contestare la capacità nel gestire un'azienda ben più normale come è una fabbrica di automobili.
Ci sono due errori in questo tipo di ragionamento.
Il primo è sopravvalutare il peso della qualità del prodotto, da un punto di vista squisitamente tecnico, nel successo dell'azienda che lo vende. Produrre qualcosa con specifiche tecniche superiori rispetto alla concorrenza è spesso una condizione necessaria per far funzionare l'azienda, ma non è mai sufficiente.
Il secondo è credere che sia più complesso eccellere nell'industria aerospaziale che in quella automobilistica. 
Vediamo perché, casomai, dovrebbe essere l'esatto contrario.
SpaceX è un'azienda aerospaziale privata, non quotata, attiva sia nella produzione che nei servizi di trasporto. Lavora quindi "a commessa" ed ha circa 6000 dipendenti.
L'ultimate goal dichiarato dall'azienda è permettere all'uomo di vivere in altri pianeti. Le tappe per arrivarci consistono nell'offrire "servizi di lancio" a clienti commerciali (e.g. satelliti per reti di comunicazione), istituzionali (le attività che NASA preferisce esternalizzare), nonché facoltosi privati.


Chi sono i principali competitor in questo business (lasciamo da parte, per il momento, il settore dei privati)?
  1. Arianespace SA: consorzio di agenzie governative europee che controlla il 60% del mercato mondiale di posizionamento di satelliti. (ca. 200 dipendenti)
  2. Khrunichev: storico gruppo russo (oltre 40 mila dipendenti totali) controllato dal Cremlino che copre un altro 30% del mercato. 

Qual è la strategia di Musk per proporsi come player in questo mercato?
  • Vertical integration: gestione in house di diverse fasi di produzione (che le società a controllo statale preferivano esternalizzare) riducendo i costi.
  • Innovazione tecnologica: ad esempio lo sviluppo di soluzioni che permettono il recupero di componenti che per i monopolisti statali erano un "vuoto a perdere". C'è da supporre che a tal fine SpaceX, miri a sottrarre i migliori specialisti agli altri competitor. 
  • Differenziazione del business: più offerte commerciali assecondando le richieste del mercato in maniera più rapida ed efficiente.

Riassumendo: SpaceX è chiamata ad imporsi, con un'azienda di dimensioni contenute, in un mercato fortemente innovativo dominato da player, perlopiù statali, molto spesso adagiate su posizioni monopoliste, poco stimolate all'innovazione. Pensare che un imprenditore con intuizioni geniali, enormi capacità finanziarie, aiutato da qualche decina di brillanti collaboratori, possa affermarsi in un settore di questo tipo è sicuramente ambizioso, alla portata di pochi, ma realistico e ragionevole.

Per contro, cosa possiamo dire dell'automotive?
  1. E' l'industria di produzione di serie più complessa che ci sia
  2. E' un mercato estremamente competitivo, con margini molto risicati.
  3. Il mercato globale è spartito tra una miriade di brand, molti dei quali facenti capo a gruppi industriali. Di questi il market leader ha circa il 10% di market share.
  4. Sono circa 20 i gruppi industriali che producono più di 1 milione di automobili l'anno. Variano dai 30 ai 300mila dipendenti.


Il "That's not rocket science!" ("non è mica astrofisica!" potremmo dire in italiano) che si usa a significare che l'argomento non è niente di particolarmente complicato, in un confronto tra mondi industriali assumerebbe il significato completamento opposto.
Nelle prossime puntate vedremo più nel dettaglio quali sono i limiti di Musk nel produrre automobili.

sabato 4 aprile 2020

Il fascino della Roadster





Tutto cominciò da qui.

Ricordo bene la reazione che ebbi quando, tramite questo breve servizio di TG2 Motori andato in onda una decina d'anni fa, venni a conoscenza dell'esistenza della Tesla Roadster.

L'idea che dopo anni di improbabili city car pseudo-ecologiche, arrivasse finalmente un'auto elettrica VERA era rivoluzionaria.
Un'auto senza compromessi, derivata dall'auto senza compromessi per eccellenza, la Lotus Elise.
Chissenefrega di fare il pieno con pochi euro o del giretto ecofriendly in centro città, come andava di moda raccontare all'epoca per giustificare il prezzo astronomico di improbabili city car a batteria.
Tesla con Roadster urla al mondo qual è l'unico vero motivo per comprare un'auto alimentata da un costosissimo pacco batterie: la mostruosa coppia motrice che solo un motore elettrico può immediatamente fornire allo sfiorare della tavoletta.
Ma il mio stupore era solo all'inizio: non sapevo ancora che avrei presto subìto il fascino dell'incredibile epopea di Elon Musk e del suo ambizioso progetto della Model S, la prima grande berlina full electric di serie.
E infine arrivò l'annuncio della Model 3, l'auto elettrica "di massa". E' a quel punto che ho cominciato un approfondimento sulle reali ragioni per cui Tesla dovrebbe riuscire prima e meglio degli altri in una elettrificazione di massa che ai costruttori di automobili tradizionali non è mai riuscita.
Questo blog vuole essere un diario di bordo "open" di questo mio viaggio di scoperta. 

Premiata Sartoria Tesla

E' difficile farsi un'idea di quanto astronomica sia la valutazione di borsa di Tesla, (ca. 1000 miliardi di dollari a fine 2021) p...